27 marzo 2008

DUE ITALIANI A BERLINO: CENNINI versus VEDOVA





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I
A Cennino Cennini e alla pittura toscana del Trecento è dedicata una piccola mostra presso la Gemaldegalerie di Berlino. Cennino è il noto autore de Il libro dell'arte, summa delle tecniche pittoriche tramandate dalla tradizione medioevale ma anche importante testo teorico denso di suggestioni che anticipano il Rinascimento. Diverse citazioni (in tedesco) tratte dal testo sono illustrate da opere di Giotto, commovente Giotto, e poi Taddeo Gaddi, Agnolo Gaddi, Lippo Memmi e così via. E' messo in risalto il valore della perizia tecnica, appresa attraverso l'insegnamento dei Maestri tramandato dalla tradizione, affinata nella puntigliosa pratica quotidiana ed arricchita da quello che potremo chiamare, prendendo a prestito in modo blasfemo la terminologia duchampiana, "coefficiente personale d'arte": la fantasia e la creatività dell'artista.
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II
Altra musica ci viene suonata da Emilio Vedova alla Berlinische Galerie.
Subito una altissima sala nel cui spazio bianco sono collocati i grandi Dischi dipinti, bianco-nero-grigio con variazioni di sbaffi gialli o rossi. Dischi dipinti sui due versi, vuoi appoggiati casualmente ai muri, vuoi pendenti pericolosamente dall'alto, alcuni disposti di taglio, altri di sbieco. Il trucco sta nel contesto spaziale, nell'allestimento e nel numero degli esemplari, nonchè nelle dimensioni degli stessi.
La pittura è subito riconoscibile: segni vigorosi, dinamici, aggressivi, il Vedova alla maniera di Vedova degli ultimi quarant'anni della sua vita.
Il personaggio si è rivelato sin dall'esordio dotato di talento ed energia. Bellissimi, nella sala successiva, i disegni degli anni Trenta, gli interni delle chiese veneziane piene di magia e di atmosfera, il tratto sicuro e nervoso, la luce guizzante e viva. Magnifica la facciata di San Moisè, baroccamente densa di statue e riccioli e nuvole e chiaroscuri.
Poi ecco il Nostro approdare a Roma negli anni Quaranta, con paesaggi di colli e rovine in salsa Mafai. Del periodo vissuto da partigiano la mostra non da conto.
Ma arrivano presto gli anni Cinquanta, s'impone il linguaggio dell'astrazione: e allora, composizioni geometriche di superfici bidimensionali racchiuse da spesse linee nere, memori di certo cubismo. Poi, negli anni Sessanta, le linee nere diventano convulsi segni sovrapposti, pennellate multidirezionali sbattute sulla tela con gesto forte ed aggressivo, con prevalenza di monocromi a volte interrotti dal rosso.
Ecco i Plurimi tridimensionali, violenti di forme sbreghi e colori, pioverci addosso dal soffitto o irrompere da pareti e pavimenti, a contenderci lo spazio.
Pittura muscolare e intemperante. Machista, forse. Ci si immagina facilmente il "Barabba" menar fendenti a destra e a manca, brandendo la pennellessa come uno spadone, mentre la lunga barba si agita al ritmo serrato del braccio. E, per estensione di metafora, vien da figurarselo intento a condurre con indomita energia tenzoni d'altra natura ma di consimili esiti, vittoriosi e devastanti, con madame veneziane, valchirie di Kassel, pallide ammiratrici berlinesi.
Nell'ultima saletta il poco convincente omaggio a Vedova di uno stanco Baselitz.
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I. FANTASIE UND HANDWERK: CENNINO CENNINI UND DIE TRADITION DER TOSKANISCHEN MALEREI VON GIOTTO BIS LORENZO MONACO
Gemaldegalerie, fino al 13/4.
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II. EMILIO VEDOVA: RETROSPEKTIVE
HOMMAGE A VEDOVA. ARBEITEN VON GEORG BASELITZ
Berlinische Galerie, Alten Jacobstrasse 124, fino al 20/4

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