20 giugno 2007

BIENNALE DANZA - THE ART OF SEDUCTION



E' più facile scrivere per parlar male che per dire bene, quindi sarò breve. Lo spettacolo di ieri sera alle Tese delle Vergini mi ha, almeno, divertito, nonostante qualche lungaggine.
Difficile classificare il genere: danza, teatro, mimica, canto, chissà. Ad una spettatrice nata nel secolo scorso come me non resta che constatare che ormai è inutile parlare di generi, la commistione e la trasversalità vanno per la maggiore. A volte, meno male, con ironia.
LIQUID LOFT - CHRIS HARING
The art of Seduction - Posing Project B

16 giugno 2007

VENEZIA BIENNALE DANZA



I
Star seduti al buio per un’ora a guardare un tarantolato che si rotola sul palcoscenico: non c’è dubbio, siamo ad uno spettacolo della Biennale Danza!
Nella generale perplessità dei convenuti, l’ artista giapponese con lunga parrucca rossa e braghesse sbrindellate mette in scena lo spettacolo del pleistocene prossimo venturo, di una post-umanità orfana di stazione eretta, di linguaggio e di socialità, sesso compreso. Il povero uomo-bestia si contorce, si trascina, sbatte le braccia, prova a muovere qualche passo sui piedi malfermi come moncherini, emette suoni inarticolati e gutturali, qualche volta ansima, o russa, prigioniero di un cerchio rosso. Gli acuti e lo sfinimento di un violino fanno da contrappunto all’inutile dibattersi.
Di fronte a tanta sofferenza vien da invocare la pietà di un gesto di eutanasia. Tormento, spasimo, flaggellazione, paura, impotenza, demenza...: c’è tutto il campionario adorniano dei mali del mondo. Perciò dichiariamo che non solo l’Arte è in lutto, ma anche la Danza.

Kaiji Moriyama
THE VELVET SUITE


II
Alle dieci de la noche tutti in fila come scolaretti alle Tese delle Vergini per la performance, che si annuncia ELETTRIZZANTE, dell’altro esponente dell’avanguardia giapponese, Fuyuki Yamakawa.
Costui è un bellissimo extraterrestre esile e grafico come un personaggio della manga, grandi occhi stilizzati e lunghissimi capelli neri che si muovono da soli, come indifferenti alla forza di gravità. Tutto ha inizio con battiti cardiaci amplificati e lampadine intermittenti, prosegue con vocalismi arcani, tubi al neon, scariche elettriche in un crescendo continuo. Fa la sua comparsa la spogliarellista underground in maschera da marziana con tanto di antenne, ed un vistoso dildo pencolante sul davanti degli slippini di lattex rosso. Anche questa femme fatale è piuttosto elettrica con tutti quei fili e quelle luci epilettiche e quei bip bip. Cosa vedo intanto sullo schermo gigante? Una operazione di plastica al seno, condotta a forza di piè di porco e camere d’aria infilate con violenza, che persino un gommista sarebbe capace di maggior delicatezza. Ma aspettate che viene il bello! Il bello è una evirazione chirurgica, cioè taglio del pisello. La vicenda, che è meglio non raccontare, si conclude in mezzo al sangue con il TOC secco del salsicciotto che cade nel bidone dei rifiuti. Oh, fine metafora!
Ma non c’è pace nelle notti veneziane. Riprende con sempre maggior parossismo l’agitarsi del performer, accompagnato sullo schermo di cui sopra da scene di maremoto e distruzione, ed ecco che torna la spogliarellista, stavolta in maschera piumata da gallina o angelo non si sa, e via che comincia a spogliarsi per davvero! Fino a rimanere nuda con soltanto due lucine rosse intermittenti sui capezzoli ed un’altra sulla sorca, che intanto si preoccupa di farci ammirare da molteplici punti di vista, nella danza sempre più forsennata.
Sarà anche avanguardia, ma sempre là si va a cadere: tette e figa, mai che a spogliarsi sia il bel ragazzo.
Alla fine il pubblico maschile applaude con calore.

Fuyuki Yamakawa
SPONTANEUS CORE

15 giugno 2007

FITNESS

Corpi, corpi, corpi: ecco le signore in perizoma modello interdentale pronte ad infilarsi nelle risicate tutine per la lezione di Pilates. Lo spogliatoio della palestra alle sei del pomeriggio sembra la cella frigorifera del reparto macelleria con tanti bei quarti di carne e grasso e ossa ammassati l’uno sull’altro. C’è tutto il campionario del genere umano provvisto di tette e ovaie, in ciarlante confusione ed in segreta reciproca osservazione ...
Eccola lì la Bionda ipertonica, assidua frequentatrice di tutti i corsi che la palestra organizza nell’arco della settimana: Step and Tone, consistente nel salire e scendere da un gradino di plastica agitando le braccia e lanciando urletti ( - giiinocchio, giiinocchio, giiinocchio - ), G.A.G che sta per Gambe-Addome-Glutei, Core Board , ultima moda di quest’anno, di incerta natura e scopo, e poi aerobica, cardiofitness, belly-dance e Kali filippino! E Yoga, per finire! La Bionda sfoggia tutto l’anno un’abbronzatura da Canarie ed una testa di ricche onde mesciate sempre a posto con qualsiasi tempo, pioggia nebbia o scirocco, con dispetto della maggior parte delle altre che si ritrova una chioma di spinaci bolliti o, peggio, di paglietta per pulitura pentole. Scalcia sotto la panca i sabot col tacco fetish e menando sinuosamente il culo esce dalla guaina dei candidi pantaloni per strizzarsi in uno dei suoi trecentossessanta completini da fitness, ogniuno dei quali composto da top con bretelline ed ampia vista sull’ombelico, fuseaux al ginocchio, scarpine assortite. Con inconfessata ma sostanziale invidia la guarda chiaccherare con le amiche, mani sui fianchi e posa plastica , contraendo i muscoli del gluteo e spostando il peso ora su una gamba ora sull’altra in una sorta di policletea ponderazione alternata, percorsa da contenuta energia ed autocompiacimento. All’occhio allenato non sfugge l’artrosica seppur leggera deformazione del ginocchio, né la cipolla che sta maturando alla base dell’alluce, segni evidenti di una stagionatura ormai in atto, nonostante i coloranti e i conservanti. Ah, che consolazione, poter godere dello scempio che il tempo compie sul corpo altrui!
C’è la Neomamma che vuol cancellare le tracce della recente gravidanza e della depressione post partum. Se ne sta tutto il tempo al cellulare con qualche sua collega del circolo Franzoni, in gravi ambascie per la tossetta del pargolo o per la giusta quantità di mela grattuggiata con cui ingozzare l’inappetente erede. Neanche fosse l’unico cucciolo d’uomo mai apparso sulla faccia della terra.
C’è la Laureanda stressata, occhiali da miope e chiappe tremule nei fanciulleschi slip coi coniglietti azzurri. In genere arriva trafelata ed incazzata, ce l’ha col professore che gli ha dato buca, col computer che fa le bizze, con la compagna di stanza che non ha fatto la spesa, e con tutto il resto del mondo a prescindere.
La Sciampista è giovane e carina, beata lei. Sfoggia un pancino piatto piatto tra due sottili fianchi efebici, e piccoli seni delicati. Dopo una giornata a lavar teste ha ancora voglia dopo la doccia di tirarsi i capelli con il phon, per farli lisci. Ne va della sua vita.
La Tatuata arriva con tintinnar di bracciali e cavigliere. Porta larghi pantaloni color arancio a vita bassissima e una fascia che le copre appena il seno. All’ombelico occhieggia un piercing di finto diamante ed anellini di varie dimensioni sono appesi ai lobi, al sopracciglio, alla narice e financo alla lingua. Un nero rameggio esce dal suo succinto corpetto, risale la scapola e la spalla , si attorciglia in complicati girali sul grazioso omero e infine va a morire poco sopra il gomito in un ultimo ricciolo.
Meno male che c’è la Pensionata irriducibile ed atletica a sfatare le più cupe previsioni di decadenza prossima ventura. A dispetto di una faccia da tartaruga e di una pelle di cartapecora, ha un corpo agile e muscoloso, ed esegue tutti gli esercizi senza apparente fatica, che neanche tante ragazze.
E poi c’è Lei, con i suoi pantalonacci di felpa grigia comprati al mercato e la maglietta girocollo due taglie più grande, per nascondere la pancia messa su nei mesi scorsi.
E via tutte a prender posto sui materassini, con accanto la bottiglia dell’acqua per il fabbisogno quotidiano che la tivvù non smette di predicare: un litro e mezzo al giorno! Tutti i giorni! Se non garantisce una vita eterna, almeno stimola la diuresi.
Segue un’ora di stiracchiamenti, contorcimenti, allungamenti, contrazioni di muscoli addominali e adduttori, scrocchiare di cervicali e coccigi, ed infine i meritati, sudati, agognati cinque minuti di relax. Da morire.

10 giugno 2007

CRONACHE DALLA BIENNALE




Sono tornati.
Sono scesi sulla città in nugoli e strormi come un fragello biblico, vomitati dalle viscere di aerei argentei, di treni e navi e shuttles e torpedoni. Sciamano nei campi e nelle calli, penetrano i più oscuri orifizi della città distratta, colonizzando camere d’albergo, di pensione, di locanda, di bedandbrekfast, abusivo o meno, e giù giù fino all’ultimo pidocchioso materasso a scrocco.
Migrano in vocianti branchi sulle tracce di uno o l’altro dei guru del momento, da un evento all’altro, da una performance all’altra, da una proiezione all’altra. I guru sono sostanzialmente di due specie, riconoscibili dalla mise: c’e la specie dei biancovestiti, in abito di lino con giacca destrutturata, panama d’ordinanza, occhiali tondi di oro o corno, chioma canuta se non rasata; e c’è la specie dei nerovestiti, questi ultimi ormai un po’ out, nelle loro lugubri giacche a trequarti col collo all’orientale, pantaloni a sigaretta da cui fuoriescono come siluri le scarpe appuntite, e capelli di un’improbabile tonalità corvina spartiti nel mezzo e ricadenti ai lati delle incavate guance in lunghe bande rettilinee.
Seguendo questi monocromi capobranco le variopinte torme svolazzano da un’isola all’altra, planano sulle terrazze dei ristoranti, sui buffets dei vernissages, nei saloni del palazzo dove la stilista mecenate sta dando la Festa dell’anno. Come cavallette si posano su tramezzini e carpacci, su risottini e fritture, alla peggio su salatini ed olive, o almeno sui bicchieri del prosecco, lasciandosi dietro, nella repentina partenza verso altre liturgie inauguranti, il deserto. Fateci caso, la componente femminile di questa varia umanità, in rapporto di sette o otto per ogni maschio, ha un’età media non superiore ai venticinque: si sa che l’Arte vuole pennello vecchio e tavolozza fresca! Queste tavolozze se ne vanno in giro al calar della sera con le loro minuscole borsine a pochette, la sciarpa di seta negligentemente di traverso sulla spalla, le bretelline del tubino tempestate di strass tese dal peso delle tette, ondeggiando pericolosamente in bilico sui sandali dorati. E, come direbbe Alexander Portnoy, sotto ogni tubino c’è una gnocca!
Ma, brave bambine, riappaiono il mattino verso le undici, pronte a confondersi con la folla che s’appresta agli ingressi dell’Arsenale o dei Giardini, decise ad elevare il proprio spirito nel simbiotico contatto con le Opere, o almeno a procurarsi qualcosa per riempire di brillanti ciarle le pause tra uno spritz e l’altro, stasera. Quindi eccole qui in tenuta da giorno, canottierina, gonnellona ed infradito, la borsa rossoverde di cirè col motto della Mostra ("pensa con i sensi – senti con la mente") col loro accredito ben visibile sul palpitante petto.
Ah, l’ACCREDITO! Quest’oggetto del desiderio, questo spartiacque tra l’esser-ci e il non-esser-ci, questo contagiri della propria affermazione sociale, questo indicatore di certezze identitarie, questo fottuto cartellino che certifica l’appartenenza al mondo della Stampa , della Critica, del Mercato dell’arte di cani e porci e ragazzette e giapponesi e no-global e adolescenti coi bermuda e signore ben sposate. Praticamente chiunque, tranne TE.
Ma ecco far la sua comparsa a sorpresa la performer tenebrosa, capello fluente e zatteroni color malva, vestita con le tende del salotto della zia in vari strati sovrapposti e pencolanti. Il passaparola attira l’attenzione sulla capace e pesante borsa con manico ad anelli che tiene sotto il braccio: coltelli? lamette? chiodi? corde? Un brivido di dilettevole orrore percorre le spine dorsali degli astanti, tutti segretamente combattuti tra contrastanti pulsioni primarie: stare a guardare, o mettersi in salvo?