4 febbraio 2007

Reality-smo


Dal momento che non c'è una telecamera a registrarlo, mi chiedo se ci sono prove che sto vivendo. Come ho fatto a percorrere quasi un'intera vita: infanzia da bambina del dopoguerra, adolescenza anni sessanta/settanta, amori, fidanzamento, matrimonio e poi di nuovo single, senza dichiarazioni TV, pubbliche confessioni e pubbliche smentite? Senza lacrime in diretta. Senza lettere a Repubblica. E' un mistero che la mia esistenza sia così emozionante nonostante l'assenza, intorno, di un teatrino e titoli che scorrono. Lo ammetto, sono una che sta fuori dalla reality-tà, poveretta *. Cosa di cui non frega niente a nessuno, e men che meno a me.
C'è del buono in questo:
a) la reality-tà mi ispira una gran noia, uno sbadiglio infinito, una repulsione senza attenuanti;
b) non mi si potrà accusare, un giorno, di aver dato una mano ad alimentare il gran brodo della volgarità e dell'insignificanza;
c) sto in pace con me stessa in questo posticino che la massa (il gregge) ignora, così poco frequentato che vi è ancora possibile un pò di silenzio, e mi leggo un buon libro bevendo il tè, dipingo e ascolto la mia musica. La vita non è male!
d) con discrezione, mi sento libera di essere come sono, e di pensare.

* sul termine reality-tà voglio il marchio registrato.


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